lunedì 30 gennaio 2017

La lunga volata per le presidenziali francesi

Le elezioni presidenziali francesi del 2017 saranno un vero e proprio spartiacque per il futuro dell'Europa oltre che della Francia. Il primo turno si svolgerà il 23 Aprile ed il ballottaggio (dato quasi per scontato) sarà il 7 Maggio
Si va sempre più delineando lo scenario che porterà al voto i cittadini francesi: dopo il trionfo di Fillon alle primarie dei Repubblicani gollisti di centrodestra, è stato il turno del Partito Socialista, in netta crisi di consensi, che ha incoronato Hamon come proprio candidato alla carica di Presidente.
Gli esiti di queste due elezioni primarie sono stati sorprendenti e anche le elezioni vere e proprie promettono di non essere da meno

Vediamo quali sono i candidati principali:

Marine LePen Front National
E' il candidato dell'estrema destra xenofoba e nazionalista. Il Front Nazional fino a questo momento ha avuto poche occasioni di governare e l'ha fatto solamente a livello locale perchè ha da sempre mobilitato un vasto elettorato antagonista alle proprie idee. Il FN è passato da essere un partito che veleggiava intorno al 10/15% ad essere il partito principale francese, complice la crisi economica, quella migratoria e le difficoltà degli altri partiti. Marine LePen ha avuto non poche frizioni con l'ex leader del proprio partito Jean-Marie LePen, suo padre; Marine ha fatto in modo che il FN si evolvesse da partito neonazista di protesta ad un partito populista di destra euroscettico, intercettando molti voti che non facevano parte del potenziale elettorato del padre Jean-Marie.
Le presidenziali del 2017 sono un'occasione forse irripetibile per il FN per andare al potere e possono essere considerate una vera e propria prova di maturità.
Marine LePen sta conducendo una campagna elettorale mantenendo un basso profilo per evitare di "spaventare" l'elettorato con toni troppo duri, per ora è rimasta più o meno nell'ombra aspettando che repubblicani e socialisti scegliessero il proprio candidato.
Il Front National parte come favorito a questa tornata elettorale ma rischia di perdere se gli elettori di tutte le forze politiche escluse dal ballottaggio decideranno di recarsi alle urne per dare un voto contro i nazionalisti
Marine LePen con il padre Jean Marie

Francois Fillon Les Republicains
Era considerato l'outsider alle primarie repubblicane ma ha sbaragliato a sorpresa la concorrenza dei due avversari ben più quotati di lui con Sarkozy e Juppè. Fra questi 3 pretendenti Fillon è considerato il più radicale ed ha condotto la propria campagna battendo su due tasti principali: quello della sicurezza e dell'immigrazione e una drastica riduzione della spesa pubblica. Ha attirato su di sè molte critiche perchè propone di licenziare buona parte dei dipendenti pubblici ed aumentare il loro orario di lavoro senza aumentarne il salario. E' considerato molto rigido sul piano finanziario tanto da essere definito 'tatcheriano' per il rigore dei conti e il taglio alla spesa sociale.
Fillon è stato da subito considerato il principale competitor di Marine LePen, l'unico in grado di batterla. Nell'ultima settimana la popolarità di Fillon -che aveva visto un notevole aumento successivamente alla vittoria nelle primarie- ha iniziato a calare con costanza. Questo è avvenuto perchè è venuto meno "l'effetto novità" e soprattutto perchè Fillon è stato travolto da uno scandalo che ha coinvolto la moglie. La moglie Penelope avrebbe percepito grazie a Fillon uno stipendio come assistente parlamentare da parte dello Stato senza che lei abbia svolto l'impiego.
Fillon con la moglie Penelope

Emmanuel Macron En Marche!
Macron è la vera novità di queste elezioni. E' stato il Ministro dell'economia e delle Finanze fino al 2014 nel governo del socialista Hollande. Successivamente si è dimesso per dedicarsi alla costruzione del suo movimento En Marche! in vista delle elezioni presidenziali. E' giovane (ha solo 39 anni) e mediatico; politicamente è un centrista, di destra liberale in economia e progressista su altri temi. E' il candidato che più di tutti ha posto l'attenzione sull'europeismo.
Ha il grande pregio di essere percepito come estraneo alla vecchia politica, infatti ha abbandonato il Partito Socialista rinunciando a correre alle primarie per tentare la corsa solitaria. Si tratta di un vero e proprio azzardo ma che potrebbe funzionare considerando il malcontento verso la politica in Francia come nel mondo.
Macron si mette "En Marche"

Benoit Hamon Parti Socialiste
E' stata la sorpresa più grande di questa campagna elettorale. Ha vinto le primarie socialiste sconfiggendo il ben più affermato ex primo ministro Manuel Vals. Hamon fa parte dell'ala più radicale dei socialisti francesi, ha ricevuto al secondo turno anche l'appoggio di un altro candidato vicino alla sinistra come Montebourg che ha contribuito al successo di Hamon (58%) al secondo turno.
Hamon è riuscito a bucare lo schermo e ad ottenere il supporto di molti giovani grazie ad alcune proposte innovative come l'introduzione del Reddito universale garantito, la riduzione dell'orario di lavoro, la legalizzazione della cannabis e la tassa sui robot per le aziende che intendono ridurre in questo modo il personale. La sua sorprendente vittoria va inserita nel contesto di grave crisi dei socialisti francesi in seguito alla deludente amministrazione Hollande.
Hamon e la rosa socialista dopo la vittoria alle primarie

Jean-Luc Melenchon France Insoumise
Melenchon è un ex membro del partito socialista dal quale è uscito nel 2008 per fondare il Partito di Sinistra. E' un politico carismatico, laureato in filosofia che ha raccolto molte simpatie da parte soprattutto dei giovani grazie alle sue idea radicali. Forma un fronte unico di sinistra insieme al Partito Comunista Francese (PCF) anche se quest'ultimo successivamente alla vittoria di Hamon alle primarie spinge per un'unica candidatura di sinistra. Melenchon è restio a questa opzione in particolar modo per il giudizio fortemente negativo che ha del governo Hollande. I giochi non sono ancora fatti però e una convergenza sul candidato socialista è ancora possibile, questa sarebbe l'unica possibilità per i due candidati di sinistra di arrivare al ballottaggio dal quale ad oggi sembrano inesorabilmente esclusi.
Melenchon durante un comizio de "la France Insoumise"

Candidati minori:
Francois Bayrou è il maggiore esponente del partito centrista MoDem, non ha ancora deciso se candidarsi o meno. Potrebbe rinunciare per appoggiare uno fra Macrone Fillon risultando decisivo per l'approdo al ballottaggio di uno o l'altro concorrente
Yannik Jadot è un attivista ecologista e collaboratore di GreenPeace, ad oggi dovrebbe candidarsi ma sta ricevendo molti corteggiamenti da parte dei socialisti per appoggiare la candidatura di Hamon

Volere è votare

LA CONSULTA SI È PRONUNCIATA SULL'ITALICUM 

In attesa delle motivazioni, via al voto immediato?

Per fare chiarezza sull'intricata questione relativa alla legge elettorale, occorre fare una breve ricapitolazione.
Dopo 40 anni di legge proporzionale, all'inizio degli anni Novanta si adottò un sistema prevalentemente maggioritario- ovvero un sistema che, sostanzialmente, consiste nella divisione del territorio in piccoli collegi in ognuno dei quali vengono eletti il deputato e il senatore che ottengono più voti. Questo sistema durò fino a poco prima delle elezioni del 2006, quando il governo Berlusconi lo modificò introducendo il famigerato Porcellum: un sistema proporzionale che prevedeva il premio di maggioranza e liste bloccate.
Nel dicembre 2013 questa legge è stata dichiarata incostituzionale proprio su questi due punti diventando una legge schiettamente proporzionale.
Nel maggio 2015, su proposta del governo Renzi, il Parlamento ha approvato l'Italicum ma il 25 gennaio scorso la Consulta si è pronunciata anche sull'Italicum, dichiarandone anche in questo caso incostituzionali alcune sue parti.

Le decisioni della Consulta in merito all'Italicum

  • BALLOTTAGGIO 
È stata dichiarato non conforme a Costituzione il ballottaggio previsto per l'assegnazione della maggioranza alla Camera.
  •    CAPILISTA PLURICANDIDATI

    La Consulta NON ha toccato né i capilista bloccati né le pluricandidature- nonostante entrambe siano al centro di furiose discussioni sulla loro legittimità democratica poiché da molti ritenute limitative dell'esercizio della sovranità da parte degli elettori attraverso il voto-, ma ha dichiarato anticostituzionale la possibilità, da parte del capolista, di scegliere il collegio di elezione, che dunque verrà stabilito tramite sorteggio.

    E' bene tenere conto che le motivazioni della sentenza non sono ancora note.


    Da dove arriva l'Italicum?

    L'Italicum, in origine, era la legge che il governo Renzi aveva proposto per l'elezione dei deputati componenti l'unica camera prevista dalla riforma costituzionale-qualora avesse vinto il SI.
    La legge, nella sua versione originaria, prevedeva una base proporzionale che assegnava un consistente premio di maggioranza alla lista (attenzione: alla lista non alla coalizione) che avesse ottenuto più del  40% dei consensi; qualora nessuna delle liste avesse raggiunto il 40% si sarebbe andati al ballottaggio.
    Inoltre, per ciascun collegio elettorale, ogni partito avrebbe dovuto presentare una lista di candidati il cui primo nome non solo sarebbe stato bloccato -ovverosia superata una certa soglia di preferenze per quella lista il primo candidato sarebbe stato eletto a prescindere dal numero di preferenze ottenute singolarmente- ma avrebbe avuto anche la possibilità di candidarsi contemporaneamente in più collegi e di scegliere quello di elezione dopo lo spoglio dei voti. Ovviamente la scelta non sarebbe stata fatta a caso ma in modo tale da favorire il proprio partito o una fazione di esso, probabilmente quella del segretario che si occupa di fare le liste e sceglie i capilista.
    La bocciatura della riforma da parte degli Italiani il 4 dicembre, però, ha cambiato le carte in tavola: il governo Renzi è caduto, sostituito da un governo transizione, ed è stata individuata la necessità (o meglio, alcune forze politiche, come la Lega  Nord, il M5S e, in parte, il PD, hanno individuato la necessità) di andare al voto subito.
    Questa volontà di elezioni immediate si è però scontrata con problematiche oggettive: le varie forze politiche si sono scontrate su quale dovesse essere la legge elettorale con cui andare a votare subito, avanzando varie proposte:
    •  votare con le leggi risultanti dalle due sentenze della Corte Costituzionale: quella del 25 gennaio sull'Italicum, applicabile solo alla Camera poiché pensata in funzione della vittoria del SI al Referendum, e quella del dicembre 2013, da applicare quindi solo al Senato; questa soluzione è comunemente detta Consultellum;
    •  votare con il Mattarellum, ovvero la legge maggioritaria precedente al Porcellum.

    Le reazioni

     Quest'ultima sentenza della Consulta, a detta di Grillo e Salvini, "ha consegnato al Parlamento una legge bella e pronta per andare al voto", ma non è esattamente così: affinché le elezioni portino una maggioranza coerente (quindi adatta a governare), è necessario che le due camere vengano elette con due leggi omogenee e le due leggi che compongono il Consultellum non lo sono.
    L'Italicum alla Camera, come detto, prevede il premio di maggioranza al 40% e non ammette coalizioni, invece ciò che rimane del Porcellum, al Senato permette le coalizioni tra partiti ma non il premio di maggioranza. Quindi anche se un partito raggiungesse il 40% dei voti, che alla Camera, grazie al premio di maggioranza, gli permetterebbe di ottenere la maggioranza assoluta, non sarebbe sufficiente per avere la stessa maggioranza anche al Senato, dove il premio non c'è; ovviamente ciò andrebbe a minare la stabilità del governo.
    E' evidente come non sia possibile delineare, a meno di laboriose coalizioni, una maggioranza chiara.

    La posizione di coloro che sono più restii ad affrettare i tempi delle elezioni-Forza Italia, Nuovo Centrodestra e una parte del PD- si basa fondamentalmente su quest'osservazione e sull'opinione che alcuni aspetti della legge come le pluricandidature e il capilista bloccati, che pure la Consulta non ha toccato, siano da modificare poiché anti democratici.
    Insomma, la sentenza della Corte Costituzionale ha sì fatto compiere un nuovo passo avanti verso un augurato governo stabile per i prossimi cinque anni, ma questo passo non è assolutamente decisivo.








    martedì 17 gennaio 2017

    2016, l'anno delle svolte che non hanno (ancora) cambiato nulla

    Italia, Europa, Mondo. Possiamo usare questo ordine crescente a livello geografico per riassumere le svolte avvenute quest'anno.
    Il 2016 è stato un anno di grandi avvenimenti nonostante gli effetti stentino a verificarsi. Trump non si è insediato, la Brexit è ancora nel limbo e il referendum italiano per ora ha prodotto solamente le dimissioni di Renzi. Tutto sembra fermo in questo inizio di 2017. La quiete prima della tempesta. Le scelte che più o meno consciamente sono state prese dai governi e dagli elettori determineranno le dinamiche politiche, militari, economiche e migratorie che ci apprestiamo a vivere in questo 2017.


    Italia, un No costituzionale
    La larga vittoria del No al referendum costituzionale del 4 Dicembre 2016 è forse l'evento che ha avuto i maggior risvolti politici, addirittura immediati. Infatti la sera stessa del Referendum l'ex premier Matteo Renzi ha rassegnato le proprie dimissioni. Renzi stesso aveva annunciato che si sarebbe ritirato dalla politica in caso di sconfitta, dimostrandosi coerente con le proprie parole.
    La coerenza però non è l'unica motivazione che ha portato a questa scelta.
    • Il risultato infatti è andato anche oltre le peggiori previsioni del politico fiorentino certificando un forte malcontento verso il suo governo. 
    • Uscendo dai riflettori della scena politica Renzi ha sottratto una facile sponda ai suoi principali competitor (Lega Nord e Movimento 5 Stelle su tutti). Non è un caso infatti che il livello dello scontro verbale si sia attenuato. Il M5S è stato occupato con i propri problemi nel comune di Roma e la propaganda anti-immigrazione della Lega si è affievolita. 
    • Quello di Gentiloni sarà con molta probabilità un governo anonimo senza particolari iniziative. Renzi spera di rientrare in gioco facendo passare di sè l'immagine del giovane che ha provato a portare il 'cambiamento' senza riuscirci per colpa delle altre forze che hanno preferito la 'conservazione'. La situazione è un po' più complessa ma potrebbe funzionare per farlo rieleggere in quanto attualmente manca una leadership altrettanto forte da insidiarlo.
    Il cambiamento più duraturo verrà però dalla nuova legge elettorale. A fine Gennaio si pronuncerà la corte costituzionale per quanto riguarda i ricorsi contro l'Italicum. É probabile che l'italicum venga bocciato o comunque fortemente modificato, eliminando alcune delle caratteristiche principali di questa legge elettorale come il ballottaggio o il corposo premio di maggioranza.
    Questa decisione potrebbe risultare ininfluente se in parlamento dovesse essere trovato un accordo su una nuova legge elettorale. Ad oggi le opzioni più probabili sembrano essere queste: 

    • Consultellum 2.0 ovvero un italicum modificato con la sentenza della Corte costituzionale. Sarebbe la strada più breve perché consegnerebbe una legge elettorale già pronta per il voto
    • Mattarellum. Partendo dalla proposta che dell'attuale presidente della Repubblica Mattarella, si tratta di un ibrido fra proporzionale e maggioritario. È l'opzione preferita di Matteo Renzi
    • Proporzionale. Ultimamente si sono moltiplicate le richieste di un ritorno al proporzionale, con uno sbarramento da stabilire. È l'opzione preferita di Berlusconi, in quanto sarebbe l'ago della bilancia per la formazione di un governo.
    Tutte queste ipotesi sono importanti prima di tutto perché oltre a decretare gli eletti in parlamento determineranno le scelte dei vari partiti, la morte di alcuni di essi, la marginalità di altri o la nascita di altri ancora.

    Europa, Brexit? Si, No, più o meno
    Sono passati 6 mesi ormai da quando Theresa May ha assunto il comando del Regno unito successivamente al rederendum sull'Europa concesso da David Cameron. L'ex premier infatti, dopo averlo promesso durante la campagna elettorale del 2015 per incassare il sostegno della popolazione maggiormente euroscettica, fu costretto a mantenere la parola data anche se non sia spettava una vittoria del 'Leave'.
    Insomma a 6 mesi dal referendum nessuno sa se e come avverrà questa Brexit. Il paese è diviso fra chi ancore si dice contrario ad abbandonare la Comunità Europea, fra chi spera in una 'Strong Brexit' e chi in una 'Soft Brexit' . Lo stesso partito conservatore, al governo è diviso.

    Si trattava di un referendum consultivo e quindi non vincolante, ma con molta probabilità verrà seguita l'indicazione che hanno dato gli elettori (e l'avvicendamento fra due esponenti dei conservatori come Cameron, europeista e Theresa May, euroscettica, ne è la prova). Bisogna vedere come questo sarà fatto:
    • Strong Brexit significherebbe scegliere di rimanere esclusi dal mercato europeo. Il rischio neanche troppo lontano è quello di rimanere isolati senza contare i problemi lavorativi che avrebbe il gran numero di immigrati in UK, spesso lavoratori altamente specializzati. Inoltre questa possibilità farebbe insorgere i paesi che hanno votato 'Remain' come la Scozia e l'Irlanda del Nord (e la stessa città di Londra). La Strong Brexit porterebbe ad un repentino avvicinamento agli Usa che sarebbero il naturale sbocco economico e politico per un Regno Unito isolato
    • Soft Brexit significherebbe essere formalmente fuori dall'Europa anche se per adeguarsi al suo mercato UE sarebbe giocoforza costretta ad adottare buona parte delle norme vigenti. Inoltre perderebbe il diritto di essere rappresentata nel Parlamento Europeo e perderebbe peso politico per influenzare le stesse scelte politico-economiche che si troverebbe costretta ad accettare.

    Trump, shock americanoL'evento che però ha segnato maggiormente questo 2016 è stata la vittoria alle lezioni presidenziali degli USA del miliardario uomo di spettacolo Donald Trump. Si sono scritti fiumi di parole sulla sua elezione, quel che ci interessa è vedere come questa cambierà le sorti del mondo (piaccia o no le redini del paese più importante del mondo sono in mano a Trump, nonostante egli sia limitato dal Congresso e dal suo stesso partito)

    • Politica estera Trump apprezza il presidente Russo Vladimir Putin. Usa e Russia potrebbero passare da essere peggior nemici ad alleati o comunque in ottimi rapporti. Peggioreranno invece i rapporti con la Cina come certificano i primi attriti legati alla questione del Taiwan
    • Siria Sul fronte siriano l'elezione certificherà probalmente un allontanamento ulteriore degli USA dalla Turchia. Lo staff di Trump ha infatti dichiarato che gli Stati Uniti saranno il miglior alleato delle Sirian Democratic Forces (SDF, il gruppo militare formato da curdi e alcuni gruppi arabi, assiri e armeni) visti dalla Turchia di Erdogan come pericolosi nemici
    • Ambiente Durante la campagna elettorale Trump ha detto che il riscaldamento globale è un'invenzione dei cinesi. Il nuovo presidente non seguirà la linea tracciata da Obama di attenzione verso l'Accordo di Parigi. Bisogna dire però (e per fortuna) che il mercato delle energie rinnovabili negli USA è abbastanza avviato e difficilmente smetterà di crescere
    • Economia Trump porterà avanti una politica protezionistica. Imporre dazi ad esempio nei confronti del Messico (ripetutamente accusato in campagna elettorale) porterà l'effetto uguale ed opposto nei confronti degli USA. E' vero che gli americani hanno la forza finanziaria ed industriale per sostenere questa politica economica (e sono l'unico paese che potrebbe permetterselo) ma alla lunga potrebbe indebolire l'economia americana
    • Sanità Uno dei bersagli preferiti di Trump è la riforma sanitaria fatta Obama rinominata appunto Obamacare. E' probabilmente che la riforma che ha segnato maggiormente le amministrazioni Obama cercando di assicura una copertura sanitaria a 13 milioni di persone e che verrà eliminata o fortemente modificata da Trump


    sabato 14 gennaio 2017

    Turchia, Erdogan vuole diventare 'Sultano'

    Il 9 Gennaio 2017 per la Turchia è iniziata una fase storica. L'assemblea generale del parlamento turco, infatti, ha iniziato a discutere la riforma costituzionale che che cambierebbe il sistema politico turco da parlamentare a presidenziale. Il Presidente della Turchia Tayyip Erdogan sin da prima della propria elezione nel 2014 aveva sottolineato la necessità di superare l'ordinamento attuale per eliminare il premierato e mettere il Presidente (cioè egli stesso) nelle condizioni di assumere tutte le decisioni che ritiene necessarie.

    La riforma costituzionale
    Ecco i punti centrali della bozza della riforma costituzionale.

    Il presidente della Repubblica:
    • Sostituirà la figura del Primo Ministro che viene eliminata
    • Sarà il capo dell'esecutivo e potrà emanare decreti
    • Nominerà 12 dei 15 membri della Corte costituzionale
    • Nominerà la maggioranza dei membri del Consiglio supremo di giudici e pubblici ministeri che a loro volta nominano tutti i giudici e i pubblici ministeri del paese
    Il vincitore delle elezioni diventerebbe quindi il legittimo titolare del potere legislativo, esecutivo e di quello giudiziario facendo saltare il sistema dei pesi e contrappesi che esistono in tutte le democrazie. Erdogan si è sempre sentito 'imprigionato' dai vincoli politici e della magistratura, secondo lui il vincitore delle elezioni è il depositario della volontà popolare e non deve mediare con le diverse posizioni.

    I numeri in parlamento
    Il partito di Erdogan, l'AKP, ovvero il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, non ha però da solo i numeri per riformare la costituzione. Ha stretto un patto con il partito MHP, nazionalisti di estrema destra, per far passare la propria riforma. Nonostante in passato il MHP si fosse dichiarato contrario al presidenzialismo l'accordo è stato fatto grazie alle garanzie di Erdogan che sta facendo leva sul sentimento nazionalistico, islamista e in aperto contrasto con la minoranza curda.
    Si oppongono alla revisione autoritaria della costituzione turca, le rimanenti forze politiche presenti in parlamento. Il CHP, partito popolare repubblicano di centrosinistra, e l'HDP, il partito democratico dei popoli espressione della popolazione curda e di altre minoranze di sinistra.
    Grazie all'accordo fra AKP e MHP la revisione costituzionale probabilmente raggiungerà i 330 voti necessari a cui seguirebbe il referendum confermativo in primavera.

    Le due elezioni parlamentari
    In Turchia esiste un' altissima soglia di sbarramento al 10% per entrare in parlamento. Si tratta di una soglia antidemocratica sulla quale si sono giocate le elezioni parlamentari di Giugno 2015, poi ripetute a Novembre nello stesso anno.
    Il mancato raggiungimento della soglia di sbarramento da parte dell'HDP avrebbe significato una ripartizione dei seggi fra 3 partiti e non 4 e Erdogan avrebbe avuto la forza parlamentare di riformare la costituzione senza accordi.
    I risultati delle elezioni turche del 2011 e del 2015, le prime a Luglio, le seconde a Novembre

    Il golpe

    Il tentato e fallito Golpe del 15 Luglio 2016 ha permesso ad Erdogan di portare avanti numerose epurazioni nei confronti di quelle parti di società che egli non considera completamente fedeli. A farne le spese sono state in particolar modo l'esercito e la magistratura. 
    Erdogan è così riuscito ad epurare i propri nemici politici ed ha ottenuto una giustificazione alla propria svolta autoritaria che vorrebbe legittimare con la riforma costituzionale

    La fretta di Erdogan
    Erdogan vuole approvare la riforma costituzionale entro Gennaio nonostante stia vivendo un momento di difficoltà politica. Nonostante la propria debolezza ha deciso di accelerare perchè sa perfettamente che le emergenze che la Turchia dovrà affrontare non sembrano cessare la situazione non può che peggiorare.
    • Il terrorismo persiste e continua a dilaniare il paese
    • Dall'economia arrivano segnali inquietanti
    • La questione curda rischia di acutizzarsi, specialmente se si andrà ad un muro contro muro sulla costituzione
    • Il patto con i nazionalisti del MHP per ora regge ma non è detto che resista nel tempo
    • L'intervento militare in Siria si è rivelato più difficoltoso del previsto, impiegando ulteriori forze turche
    Il popolo turco non crede più in lui come una volta ma una eventuale vittoria del referendum costituzionale può rilanciare la sua credibilità politica. 
    Erdogan rilancia, come a poker, bisogna vedere se sarà un bluff o una buona giocata. di sicuro a perdere è la democrazia.

    lunedì 9 gennaio 2017

    M5S-ALDE non s'ha da fare




    E' saltato l'accordo fra Movimento 5 Stelle e gli aderenti al gruppo parlamentare europeo dell'ALDE. La trattativa che sembrava in fase ormai avanzata si è arenata quando 11 parlamentari fra spagnoli, francesi, belgi, tedeschi, irlandesi e sloveni hanno annunciato che se il M5S entrerà a far parte dell'ALDE loro usciranno dal gruppo parlamentare. Verhofstad, il capogruppo, fautore dell'accordo con i grillini non è riuscito a convincere il proprio gruppo quindi ha stroncato sul nascere questa alleanza:
    «Non c’è un terreno comune sufficiente per procedere con la richiesta del Movimento Cinque Stelle di far parte del gruppo dell’Alde» 
    Il M5S ha preso atto della decisione con un post sul blog di Beppe Grillo dando la colpa al 'sistema' (sembra assurdo ma le comunicazioni che riguardano la vita politica di questo 'movimento' avvengono tramite il blog del suo capo politico, con relativi introiti pubblicitari)
    " L'establishment ha deciso di fermare l'ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima."
    Si conclude in un nulla di fatto questa trattativa, alcuni aspetti:

    •  Il M5S ha indetto la votazione e il risultato è stato inequivocabile (78% a favore dell'alleanza con l'ALDE). Adesso che l'alleanza è saltata i grillini hanno due opzioni: ritornare con il cappello in mano da Farage e l'EFDD con le stesse problematiche che hanno spinto Grillo a indire la votazione oppure accasarsi fra i non iscritti perdendo molte possibilità riservate alle delegazioni che fanno parte di gruppi parlamentari. In entrambi i casi sarebbe un fallimento per i 5 Stelle
    • Verhofstadt esce indebolito da questa vicenda, l'accordo prevedeva l'appoggio della pattuglia grillina di 17 europarlamentari che poteva risultare decisiva per l'elezione del presidente del Parlamento Europeo dopo le dimissioni di Martin Schulz
    • L'accordo è saltato per l'oggettiva incompatibilità fra le due parti. Il M5S piuttosto che fare mea culpa per l'accordo saltato (e quindi il proprio fallimento politico) ha dato tutta la colpa al 'sistema'.

    M5S, da "uno vale uno" a "uno vale l'altro"


    Il Movimento 5 Stelle ha deciso di divorziare dal gruppo EFDD (che sta per Europe of Freedom and Direct Democracy Group) di Nigel Farage per aderire al gruppo ALDE (Allianca of Liberals and Democrats for Europeguidato da Guy Verhofstadt.
    Per ogni partito l'appartenenza ad un gruppo politico al Parlamento Europeo è molto importante per lo svolgimento della propria attività politica europea, da infatti diritto di parola durante le sessioni plenarie del parlamento, rappresentanza all'interno della conferenza dei presidenti, e permette di ottenere fondi uffici.
    Ogni gruppo politico europeo deve essere formato da un minimo di 25 deputati e deve rappresentare almeno un quarto degli Stati membri.

    Questa scelta ha destato molta sorpresa, infatti i due gruppi politici sono agli antipodi per quanto riguarda la propria linea politica
    In sintesi:


    • EFDD è un gruppo euroscettico che fa leva sul populismo di destra, il maggior partito che lo compone è l'Ukip, tra i principali sostenitori della Brexit
    • ALDE è un gruppo centrista e liberista in campo economico che si è contraddistinto per la propria politica fortemente europeista 

    Il M5S tra l'altro era stato fra i più feroci oppositori della politica del rigore che caratterizza l'ALDE e aveva addirittura riservato attacchi personali al capogruppo Guy Verhofstadt come dimostra questo post del 2015

    L'attacco del M5S a Verhofstadt nel 2015
    D'altra parte Verhofstadt non era stato certo tenero con il M5S opponendosi ad un suo ingresso nell'ALDE
    Verhofstad definisce il M5S incompatibile con il proprio gruppo

    La scelta è stata ratificato con una votazione online in cui il 78% dei votanti ha scelto l'ALDE piuttosto che la permanenza nell'EFDD o l'approdo fra i non iscritti. Tutto questo nonostante Beppe Grillo avesse già un accordo con l'ALDE risalente al 6 Gennaio. Tra l'altro alcuni parlamentari europei del M5S sono rimasti stupiti da questa votazione indetta da Grillo senza alcun preavviso dicendosi contrari a questa decisione.

    Come mai questo cambio di linea politica così brusco?
    Probabilmente Grillo ha voluto staccarsi dall'Ukip perchè con la Brexit il gruppo euroscettico di Farage è destinato a dissolversi, inoltre in patria alcuni scandali ne stanno minando la credibilità.
    L'ingresso del M5S nell'ALDE lo farà diventare il terzo gruppo più nutrito del parlamento e pare che il M5S potrebbe aver diritto ad una vicepresidenza del parlamento UE. Inoltre i grillini saranno in una posizione politica più forte e potranno ottenere più ruoli nelle commissioni europee.

    Le opzioni sono due: o il M5S ha cambiato a 360 gradi linea politica con una votazione online indetta in fretta e furia senza avvisare i propri europarlamentari, tradendo così il voto dei propri elettori nel 2014. Oppure questo cambiamento è sintomo di opportunismo politico, il difetto che i grillini hanno da sempre imputato a tutti gli altri partiti politici italiani.

    Dallo slogan "uno vale uno" dei primi tempi si è passati all' "uno vale l'altro" di oggi. Per il Movimento 5 Stelle passare dall'antieuropeismo un po' razzista di Farage al neoliberismo e l'Europa dell'austerity di Verhofstadt non fa differenza.

    +++Aggiornamento+++
    http://globfinestrasulmondo.blogspot.com/2017/01/m5s-alde-non-s-da-fare.html

    domenica 8 gennaio 2017

    Glob, una finestra sul mondo

    Glob vuole essere una finestra, una porta spalancata, dalla quale affacciarsi per guardare il nostro disastrato mondo.
    E' prima di tutto un mio spazio personale con il quale vorrei raccogliere una serie di spunti, approfondimenti e riflessioni che spesso occupano buona parte del mio tempo. In queste pagine (di pixel anzichè di carta) scriverò riguardo politica, guerre, fatti di cronaca, ambiente, elezioni e tutto quello che mi passerà per la testa. 
    Non ho particolari certezze incrollabili, solamente l'ambizione che può avere un ragazzo di 18 anni di cercare di capire, almeno in parte, l'epoca in cui vive
    Luigi